Pizza patrimonio mondiale UNESCO, adesso è ufficiale: la tanto attesa comunicazione ufficiale è arrivata direttamente dal profilo Twitter del Ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali, Maurizio Martina: “L’arte del pizzaiolo napoletano è patrimonio culturale dell’Umanità Unesco“. I pizzomani come me possono adesso esultare, ci sono voluti ben 8 anni di negoziati internazionali, ma alla fine a Jeju, in Corea del Sud, è arrivato il voto unanime del Comitato di governo dell’Unesco che ha sancito che la “pizza napoletana è unica al mondo“, o meglio ancora:
Il know-how culinario legato alla produzione della pizza, che comprende gesti, canzoni, espressioni visuali, gergo locale, capacità di maneggiare l’impasto della pizza, esibirsi e condividere è un indiscutibile patrimonio culturale. I pizzaioli e i loro ospiti si impegnano in un rito sociale, il cui bancone e il forno fungono da “palcoscenico” durante il processo di produzione della pizza. Ciò si verifica in un’atmosfera conviviale che comporta scambi costanti con gli ospiti. Partendo dai quartieri poveri di Napoli, la tradizione culinaria si è profondamente radicata nella vita quotidiana della comunità. Per molti giovani praticanti, diventare Pizzaiolo rappresenta anche un modo per evitare la marginalità sociale.
Così il Ministro Maurizio Martina:
Il Made in Italy ottiene un altro grande successo. È la prima volta che l’Unesco riconosce quale patrimonio dell’umanità un mestiere legato ad una delle più importanti produzioni alimentari, confermando come questa sia una delle più alte espressioni culturali del nostro Paese. È un’ottima notizia che lancia il 2018 come anno del Cibo. L’arte del pizzaiuolo napoletano racchiude in sé il saper fare italiano costituito da esperienze, gesti e, soprattutto, conoscenze tradizionali che si tramandano da generazione in generazione. È un riconoscimento storico che giunge dopo un complesso lavoro negoziale durato oltre 8 anni, che premia l’impegno del Ministero al fianco delle associazioni dei pizzaiuoli. Ringrazio le istituzioni locali, la Regione Campania, gli esperti del Ministero e tutti quelli che col loro impegno hanno reso possibile questo risultato che ribadisce il ruolo di primo piano svolto dal nostro Paese nel valorizzare la propria identità enogastronomica.
La pizza insomma è un fenomeno culturale ed gastronomico, non commerciale benché abbia fatto il giro del mondo. Così spiegava ad esempio pochi giorni fa all’ ANSA Gino Sorbillo, pizzaiolo di terza generazione a New York, presso il quale si serve anche il sindaco Bill de Blasio:
Fare la pizza è un mestiere globalizzante, perché siamo stati generosi, abbiamo insegnato a tutti l’arte di fare la pizza, perché siamo stati capaci di sfamare il mondo. Abbiamo contaminato il mondo.
Anzi da qui ci si potrà muovere per difendere il prodotto che vanta il maggio numero di imitazioni al mondo, molte delle quali lontane anni luce dalla formula originaria. La battaglia infatti adesso si sposta nel campo della protezione della pizza e dei suoi ingredienti, fra tutti il grano e fiordilatte italiani, i pomodori e la mozzarella di bufala campani. Ecco il decalogo per riconoscere la vera pizza napoletana.
Le foto sono rispettivamente del ministero, dell’ANSA e del Ministro Franceschini.